Il vuoto si rompe con una ruota
si diceva l’uomo
guardando oltr’Arno dalla terrazza immaginaria
sospesa al pontile delle sue parole inpronunciate.
In quello spazio senza pazzia
non era facile tagliare
gli alberi dell’apparenza.
La chiesa di San Miniato, le sue scalatine, i sui tacchi,
attraversano la sua memoria
collegando due realtà ugualmente fissate.
Come sapere qual è vera ?
Come scegliere oggi ciò che impegna ieri ?
Il Duomo non è bassopiano
tuttavia ci è posto
qui
in visioni matematiche dell’architetto
li
nel colore proprio della bocca
delle dita
Lui non si ricorda più
il sapore dell’accento viola.
È cosi.
Quello che rimaneva fra le mani
oggi non forma più nessuna forma
nemmeno sabbia.
I passi si sono invertiti
dal futuro al centro
dal giglio ai crostini
tanto giusti
come baci—memoria
martedì vinti sei di novembre, due mila tredici
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